martedì 17 marzo 2009

Iron&Zake racconto di Giorgio Ginelli + intervista

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GIU’ TRA I DRUMS
— Ehi, Zake... Sei mai stato piccolo? — Piccolo da avere dei sogni, come tutti i bambini. Rinchiuderti in una squallida stanza e fingere che sia un castello stregato. Guardare una pozzanghera d’acqua nera di smog e immaginare che sia un lago incantato. A vederti spiluccare le incrostazioni dei muri come fossero briciole di pane, non si direbbe; molti giurano che non è così: — Zake non è fatto di carne... Zake non ha sangue nelle vene — dicono. — Si è già sciolto in piscio...C’é gente, giù tra i drums, che giura di aver visto Zake conciato in quel modo fin da piccolo. Zake, un ragazzo suonato come tanti tra i drums. Che si bucano una volta e poi più. Il grande Zake. Ma quella è gente che per una sniffata di trip giurerebbe di essere nata sotto un cavolo marziano; non possiamo ascoltarli.Zake adesso non ha nemmeno vent’anni; per quello che vale ormai averceli. E non è vero che non ha mai sognato. Ogni sua lacrima è stata versata per un sogno infranto. E Zake di lacrime ne versa parecchie, ogni giorno. Lacrime, bava, piscio, vomito. Zake è il re degli umori bagnati. E a volte perfino Airon fatica a stargli vicina.Airon ha sedici anni; è nel fiore della giovinezza, se non vivesse tra i drums. E Zake è la cosa più bella che lei ha mai avuto. Zake, il grande Zake, biondo e ribelle. Sempre pieno di trip, con gli occhi perennemente in orbita.Tutti sanno cosa sogna Airon, ogni volta che trova dove riflettersi, o una pozzanghera meno lurida delle altre. Anzi: tutti credono di sapere cosa sogni Airon ogni volta che può. Airon la zoppa, Airon l’orba. Airon deforme nel fisico, molto più di quanto la vostra immaginazione ve lo permetta.Airon, riflessa in uno specchio, sogna di vedersi bellissima: è ciò che crede la gente, giù tra i drums. Ma Airon è più di quello che la gente vede. Airon sogna invece che Zake la smetta con il trip, e che la possa guardare con occhi non annebbiati. E che la veda, e che la accetti. Il primo sogno di Airon sarebbe per Zake; ma stiamo correndo, procediamo con ordine. Iniziamo da quando Airon incontra la fata turchina...
SUBURBANA #6
Era il colore a rendere singolare la figura di Ursula in quell’ambiente. Beninteso: ormai più nessuna foggia di vestito, pur colorato che fosse, creava scalpore tra i drums. Ma chi varcava l’ingresso in disuso suburbana #6 era solo una massa grigio—beige informe e puzzolente di semi—umanità. Ursula invece era vestita di azzurro, nella divisa della Scuola, e profumava di fresco. E non era giovane. A trent’anni fra i drums si è già decrepiti, ma Ursula si portava in giro una figura in perfetta forma fisica.Bastava quello ad attirare gli sguardi appannati dei fagotti buttati sui gradini. Non che avessero l’animo di reagire, assalire o anche solo alzare un dito in direzione di Ursula che passava scrutando quella massa con occhio fermo e implacabile. C’era qualcosa in quel portamento, nella folata di aria gelida che muoveva al suo passaggio, da far dire a loro: "Ecco, quella potrebbe essere la nostra salvezza!"Ma che ne possono sapere loro, giù ai drums, della salvezza? Così il loro sguardo si spegne subito dopo il passaggio del turbinio turchese, senza sapere cosa ha destato il loro torpore. Anzi, sono già dimentichi di essersi destati.Quella mattina Ursula era agitata. suburbana #6 era la sua ultima risorsa. Fallito quel tentativo non ci sarebbero stati altri incarichi.
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Gli occhi di Ursula scavavano nel buio. Posti come quello, ogni settimana, generavano una considerevole quantità di cadaveri. Le notti di Ursula erano ossessionate dalla visione delle decrepite stazioni della metropolitana in disuso. Tra i fondamenti della Scuola di Estetica vi sono la pulizia e l’igiene. E non certo all’ultimo posto alberga un rinnovato concetto di salute mentale. Tutte considerazioni che perdevano istantaneamente di significato, anche a dare un’occhiata solo superficiale alla massa informe di giovani assiepati in quei tuguri oscuri.Ursula provava un’effettiva pena fisica per quei disgraziati; che non sapevano di esserlo. Che anzi pareva cercassero quella condizione per annientarsi, per annientare in loro il ricordo della società. Vi era scarsa violenza tra i drums, perché nessuno reagiva alle minacce. Sopratutto, nessuno faceva minacce. Qualcuno faceva circolare liberamente tutti i tipi di droghe possibili e quello bastava per creare un paradiso. La rete suburbana in disuso era divenuta un eden per le masse di giovani ai margini della perfettissima società. O un pascolo, per quanti che, fuori dai drums, ogni tanto vi penetravano per fare razzia: cavie di laboratorio, riserva di organi, prostituzione... Erano molte le ragioni per le quali potesse servire un corpo umano, anche derelitto.E del resto lei si apprestava a fare proprio quello, e nessuno l’avrebbe fermata.Qualche metro avanti a lei dei fagotti si stavano agitando nella penombra: Ursula vide un esile corpo storpio che cercava di convincere a muoversi uno spirlungone completamente in preda a qualche allucinogeno. Lo spirlungone era attaccato a un muro sbreccato, sembrava ci fosse appiccicato con le palme delle mani, e lo storpio lo tirava da dietro il bacino senza produrre nessun significativo spostamento.— Dai Zake... — farfugliava lo storpio. — Dobbiamo cercare da mangiare.Come se quella parola avesse fatto scattare un segnale preciso, lo spirlungone lasciò la presa del muro e rovinò addosso allo storpio. In un altro ambiente, ad anni luce di distanza, quella avrebbe potuto essere l’inizio di una scenetta comica. Ma la coppia trasmetteva solo un’infinita pena al cuore di Ursula.Si avvicinò per studiare meglio il corpo storpio; sembrava una femmina. Ciò che la deformità del suo corpo nascondeva era riflesso dal viso; gli occhi spaventati della ragazza si inchiodarono sul viso di Ursula che vi lesse, in un istante, senza bisogno di esitazioni, molto più di quello che traspariva: amore, intelligenza, dolore e una preoccupante vena di risentimento.La ragazza deforme era immobilizzata sotto il corpo dello spirlungone, ma Ursula si guardò bene dal fare qualsiasi mossa che potesse esserle d’aiuto. Stava ancora valutando la situazione. — » tuo fratello? — chiese per vedere la reazione emotiva.— Chi? Questo? Questo è Zake... — come se non ci dovesse essere nient’altro da dire e se lo scrollò di dosso.— E tu, allora, chi sei? — continuò a chiedere Ursula, stando attenta ad ogni minimo movimento di quel fisico deforme.Il viso scomposto della ragazza tradì un fremito, che Ursula non seppe interpretare correttamente. La storpia non rispose alla domanda: — Se non sai chi sono, non sei dei drums.... E se non sei dei drums puoi andare a farti fottere!Ursula tacque, scrutando attentamente la dinamica facciale che animava il viso della ragazza che continuò a parlare: — Tutti quanti fra i drums sanno chi è il parassita di Zake, la sua sanguisuga, quella che gli pulisce il piscio e il vomito. Questo è Zake, sorella, vedi? » bellissimo. » completamente in orbita. » perennemente fatto di qualcosa. Non so nemmeno se capisce che ci sono sempre io al suo fianco...Un occhio, quello più aperto, iniziò spontaneamente a lacrimare. Fu quello a decidere Ursula che aveva trovato ciò che cercava.
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Aveva bisogno di un soggetto Ursula; di una cavia tutta per lei. L’idea che aveva sviluppato prevedeva che si potesse alterare, con precisi innesti biologici, la disposizione autodistruttiva di coloro che vivevano ai margini della società agendo sul benessere fisico. Decenni di tecnologia bio—cibernetica permettevano modifiche radicali del corpo. Le imperfezioni fisiche a un livello medio—alto della società erano scomparse. Rimanevano le fasce basse, e quelle suburbane rappresentavano una massa impressionante. Per Ursula erano persone da salvare in quanto esseri umani, per le lobby imp—com erano consumatori improduttivi.Erano loro che finanziavano la Scuola, e perciò anche il progetto di Ursula per la riabilitazione fisica degli individui menomati da pesanti handicap fisici. Prendi un rifiuto umano, riabilitalo, reinseriscilo in una fascia sociale significativa, e acquisterà uno spessore agli occhi delle lobby; questo, su larga scala, era una concreta possibilità commerciale per risolvere il disavanzo di importazioni dalle colonie esterne che continuavano a esportare sulla Terra; un pianeta dove però c’era sempre meno gente in grado di consumare. Era effettivamente un problema. Poteva rischiare di innescare una crisi tra la Terra e le colonie Extra—Mondo. Dio mio! Sai che cali di profitto?
L’ALVEARE





Airon fatica ad abituarsi. » troppo pulito. » troppo luminoso. Ma soprattutto, sono troppo interessati a lei! Nessuno ha mai rivolto attenzioni verso Airon per più di un minuto giù tra i drums; e i drums per Airon erano il mondo conosciuto. Nessuno al mondo le ha mai prestato attenzione. Al di sopra dei drums vi era l’ignoto e lei ha accettato di entrarvi a farne parte. E l’ignoto, per Airon, comincia ad essere mille paia d’occhi che la scrutano insistenti. Un alveare di occhi, di attenzioni, di cure, che tessono un bozzolo attorno a lei dal quale sarebbe uscita — così le aveva promesso Ursula — la più bella farfalla che si potesse immaginare.
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Ursula e Airon salirono verso l’ingresso di suburbana #6, seguite da Zake che si trascinava malfermo sulle gambe. La cosa cominciava ad irritare Ursula.— Ehi fata, dobbiamo aspettarlo. Non può mica volare. — Non è indispensabile che venga con noi.— » necessario se vuoi me, i patti sono chiari — gli occhi lucidi di Airon si piazzarono dritti in quelli di Ursula, che si era fermata a fronteggiarla. Aveva dovuto accettare lo scambio che la ragazza le aveva proposto. Non era certa della reazione di Airon alla sua proposta; appena era riuscita a rimettersi in piedi, ai piedi del muro sbreccato, decise di saggiare la sua consistenza con un accenno fuorviante: — Dove trovi da mangiare qua sotto?— Non è un problema. Alla storpia Airon danno subito qualcosa, per levarsela di torno alla svelta.— E lui?— Airon mangia molto poco... ma Zake ancora meno. Più che altro vomita.Ursula aveva analizzato il tono della voce, deducendone alcuni parametri valutativi che la spinsero ad affrontare direttamente l’argomento: — Credi che sia diverso fuori di qui?Airon la caricò con uno sguardo pesante, sospettoso, che per un attimo fece temere ad Ursula di aver male valutato la situazione. — Esiste veramente un fuori?Questo, un’ora prima. Ora la stava seguendo verso quel fuori, verso l’ignoto, ma prima di muoversi di un solo passo le aveva strappato una promessa: — Dove va Airon, là c’é anche Zake.Ursula aveva valutato la figura che si contorceva ai suoi piedi. Un programma di riabilitazione base avrebbe risolto la tossicodipendeza nel giro di qualche settimana con un moderato costo da imputare al progetto. La lobby imp—com non avrebbero avuto niente da dire; sarebbe stato un consumatore in più.Ursula si riscosse dall’ipnosi che lo sguardo di Airon le aveva provocato. Inorridiva all’idea di caricarsi sulle spalle quel fagotto puzzolente, ma era l’unica soluzione per uscire alla svelta da lì e tornare alla Scuola, portando con sé il materiale per il suo progetto.
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L’alveare, grazie al cielo, di notte dorme. Così Airon può rilassarsi, credendo finalmente di non essere scrutata. Airon è serena, perché non sa dell’esistenza di monitor subluce, di sonde termiche e infrarossi, di scanner pet che rilevano l’agitarsi di un insetto nella sala più buia che si possa immaginare.Airon sogna, finalmente, di Zake: che è qualche stanza più in là; che lei vede ogni giorno; che dorme ogni ora della giornata; il cui viso è sereno come non lo è mai stato. Pulito. Ed è il viso più bello che lei abbia mai visto, ed Airon finalmente sa di esserne innamorata. Nel sogno trova il coraggio di ammetterlo a se stessa; non vede l’ora che la fata Ursula le tolga di dosso quello stupido corpo deforme per poter gioire assieme a Zake. Uno Zake che presto sarà disintossicato e che potrà seguire i suoi cambiamenti giorno per giorno. Zake, che ora dorme il sonno indotto dei penitenti.
AIRON IL CYBORG





La cosa che più affascina Airon in questi giorni sono le gambe. Non smetterebbe mai di guardarsele. Ha il viso protetto da una maschera nutritiva, il busto e le spalle nascosti da una dermosacca di plasma che le hanno applicato dopo la quinta operazione. Ma riesce finalmente a muovere le gambe; appena può si sfila faticosamente i pantaloni della tuta; furiosamente agita davanti a sé le nuove e snelle appendici finché non le sente dolere. Quest’azione insensata e narcisistica le procura una sensazione di potenza e di benessere mai provata fino a d’ora. Ma le causa anche una certa vergogna. Non è sicura che sia l’atteggiamento giusto da mantenere, e perciò non ne ha ancora parlato con Ursula, alla quale confida più o meno tutti i suoi pensieri. E tantomeno a Zake. Anzi, a lui non ha ancora nemmeno fatto vedere le sue nuove, bellissime e agili gambe!Al pensiero le sfugge un sorriso, che le tira qualche decina di muscoli facciali, procurandole un momentaneo, fuggevole, dolore diffuso nel volto. Ricordandole amaramente che non è ancora divenuta quella farfalla completa e meravigliose che tutti si aspettano con tanta ansia.



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I muscoli di Zake si tendono sotto la tela della camicia provocandogli un piacevole effetto; non si è mai sentito così bene! Il carrello rulla veloce e leggero sotto la sua spinta su per il corridoio, fino al montacarichi. Anche il suo cervello adesso marcia al ritmo delle ruote che rullano sul pavimento, risvegliato a una nuova vita dalle magiche cure di quella gente. Carrello, cervello; Zake è orgoglioso dell’ardito binomio e non vede l’ora di raccontarlo a Ursula.Zake spinge il carrello e vede la gente per i corridoi. Gente che riconosce e che saluta! Zake, finalmente, s’é accorto che esiste un mondo al di fuori del suo individuale universo, oltre il suo bacato egoismo. Ancora una fermata del carrello: alla stanza dopo la vetrata. Una camera molto speciale, per lui. La camera della sua Airon.Zake non rammenta molto degli ultimi anni. Non è mai stato molto lucido. A volte si fanno spazio in lui solo frammenti di una remota realtà, in cui una figura storpia e rattrappita accudiva ai suoi bisogni giù tra i drums. Vive quel ricordo come una sorta di proseguimento allucinato dei suoi viaggi. Invece, ha scoperto che quel fagotto di stracci era reale almeno quanto lui adesso; negli ultimi tre anni la sua sopravvivenza era stata garantita dalle sue cure. Se non fosse stato per lei non sarebbe sopravvissuto. Se non fosse stato per lei, per Airon, ora Zake non sarebbe in grado di spostare agilmente il carrello della biancheria, ma nemmeno immaginare nel suo cervello l’esistenza di un carrello del genere. Il debito che Zake riconosce di avere nei confronti di Airon è immenso. E ogni volta che entra nella sua stanza e la vede infagottata nelle dermosacche nutritive di rigenerazione della pelle, sente aumentare in lui un sentimento che va ben oltre l’ammirazione. Airon aveva salvato se stessa e aveva coinvolto lui in quella redenzione inaspettata. Avrebbe potuto voltargli le spalle mille volte e invece ha obbligato quella gente a guarirlo.Tutte queste considerazioni ormai fanno parte della chimica che governa il cervello di Zake, per cui quella teoria di considerazioni dura inconsciamente il battito di un ciglio; il tempo esatto dalla fermata del carrello della biancheria all’apertura della porta.Zake rimane impietrito nel vedere Airon che agita per aria un paio di gambe: belle da mozzare il respiro. Anche Airon si immobilizza e rimane congelata in una posizione che per Zake rasenta la perfezione armonica. La ragazza ci mette un attimo a coprirsi con le coperte, ma molto di più a trovare il fiato per parlare: — Credo che tu faccia meglio a bussare, d’ora in avanti — la sua voce risuona fredda nella stanza; Zake è talmente sbigottito che stenta a riprendersi. — Mi hai capito?Lo sguardo di Zake indugia ancora sulle coperte, perfettamente conscio di ciò che celano alla sua vista. — Sì, certo. Scusami. Non sapevo che tu... Cioé che loro...— Sì, va bene. Ho capito. Lascia perdere.L’impianto vocale di Airon è per il momento ancora collegato a un apparato disposto ai piedi del letto, e Zake trova estremamente irritante dover guardare la figura della ragazza e sentire una voce fredda provenire da dietro le spalle. Il tono metallico del dispositivo poi, spersonalizza ogni frase che Airon pronuncia, impedogli di capire se le sue parole sono di risentimento, di confusione, di irritazione. O di pudore. Alla fine Zake si costruisce mentalmente quest’ultima convinzione, adagia le lenzuola pulite sulla sedia in fianco al letto e esce estremamente imbarazzato, chiudendo delicatamente la porta.
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Ciò che animava invece Airon, e che l’apparato di riproduzione vocale non poteva far trasparire, era molto simile al risentimento. Probabilmente lei stessa non se ne rese conto, almeno finché non venne il giorno in cui le tolsero la maschera nutritiva dal volto. E si vide finalmente allo specchio.La sua bellezza, paragonata a quella del biondo Zake, è impareggiabile. In un attimo — aveva avuto a disposizioni mesi per maturare inconsciamente quella convinzione! — le fu chiaro che lei, farfalla, era destinata ad un altro mondo che non quello terricolo e limitato in cui si sarebbe agitato Zake. Lei si sarebbe librata sopra tutte le sozzure e le deformità della società e avrebbe rappresentato il limite della perfezione. L’equipe medica della Scuola è entusiasta e Ursula è anch’essa raggiante di felicità. Usciti tutti i medici le due donne rimangono sole ed è l’impaziente Airon a parlare per prima: — Quando mi scioglierete il corpo da questo bozzo ingombrante?— Tra qualche giorno, cara. Le suture ai servomeccanismi di movimento sono delicate. Abbiamo sostituito praticamente quasi il novantacinque per cento del tuo torace. La rimarginazione è lenta. Non come sugli arti inferiori, dove abbiamo solo modificato ciò che era imperfetto.— Come sarà il mio corpo?— Abbiamo raddoppiato la forza dei tuoi muscoli...— No! — interrompe Airon, le cui corde vocali sono ancora collegate alla macchina di riproduzione. — Intendo la forma. Come sarà?Ursula scruta il volto bellissimo di Airon prima di rispondere. — Una forma perfetta... — Ma Airon non sta nemmeno più ascoltando, rapita dalla sua immagine riflessa nello specchio.

ZAKE DEI DRUMS

Dal monitor Ursula ha assistito a tutta la scena. Ha visto come Airon ha umiliato Zake, come lo ha deriso. Utilizzando tutte le malizie che solo una donna può scovare per allontanare un uomo, il quale ha avuto la forza di sentirsi amareggiato come solo un uomo riuscirebbe a sentirsi.Ursula riflette su questo concetto altamente estetico: le malizie, quale caratteristica femminile, e l’amarezza come sostanziale particolarità maschile. Prima di uscire riesce a trovare il tempo per dettare alcuni appunti subvoce per ritornare più tardi ad analizzare il concetto.Trova Airon ancora nella sua stanza che si appresta a terminare i suoi esercizi fisici. La musica ha ripreso a pervadere la stanza al consueto volume, fastidioso per Ursula, ma necessario ad Airon. Per i suoi esercizi fisici, il cyborg, sembra preferire l’assordante nausea provocata da una musica ad altissimo volume al monotono frastuono del brusio di corsia.Ursula si ferma sulla soglia; Airon fa finta di non averla ancora vista, ma Ursula sa benissimo che non è possibile. L’udito ultrasensibile di Airon, anche in mezzo al fragore infernale provocato dalla musica, ha sentito senza alcun dubbio l’avvicinarsi dei suoi passi alla camera, almeno da dieci metri di distanza. Airon si sta concentrando; sa che Ursula è venuta per dirle cose forse spiacevoli e sta prendendo tempo.Flette il corpo pieno, protetto solo da un minuscolo slip, in un arco da contorsionista; la mano destra tesa allo spasmo tocca il pavimento dietro i suoi piedi e con uno scatto violento e sensuale tutto il corpo esegue un’ultima giravolta: una frustata in pieno viso all’Universo. Airon si ritrova in piedi, eretta sulle punte, gli occhi chiusi e le labbra carnose semiaperte; un lieve ansito le alza i seni generosi, i capezzoli eretti. "Una dea furiosa e appagata", pensa Ursula mentre Airon apre gli occhi e finalmente la guarda: due pupille verdi che bruciano su un viso regolare, incorniciato da lunghi capelli neri.Ursula si riscuote e allunga una mano per spegnere l’impianto di riproduzione sonora; la stanza piomba in un silenzio irreale. Airon si volta e raccoglie un asciugamano per detergersi il sudore dal corpo; i suoi occhi sono ritornati quelli di sempre: benevoli e incantati.— La festa è finita, vero? — ad Airon è sempre piaciuto giocare d’anticipo. In quel caso Ursula non riesce a nascondere un moto di sollievo.— Sapevamo che prima o poi... La tua forma fisica è perfetta. Sei una donna nuova. Il mio progetto è stato portato a termine. Personalmente ho ottenuto ciò che desideravo... Possiamo dire lo stesso di te, Airon?Ora è lo sguardo di Ursula ad essere fisso sul volto della ragazza. Fermo, indagatore, ma anche accusatore.— Hai incontrato Zake, a quanto pare — il suo sguardo sfugge e le sue mani cercano qualcosa per stare impegnate. Un accappatoio.— Perché, fa qualche differenza se io non l’avessi visto? Cambierebbe qualcosa per la tua coscienza?Airon stringe con violenza la cintura dell’accappatoio che ha appena indossato e la sua testa si volta di scatto verso Ursula: — Cosa centra la mia coscienza? Io non ne ho più una. Sono una donna nuova, l’hai detto tu stessa!— Vi era un patto fra noi. Non credo che tu l’abbia dimenticato: "Dove va Airon, là c’é anche Zake". Dopo aver visto quello che ho fatto per te, penso di avere tutto il diritto di chiederti di mantenere fede a quella frase.— Me lo dovrei portare dietro per tutta la vita? No, grazie, fata buona. Mi sono bastati gli anni che ho passato a pulirgli il piscio di dosso. » E’ lui che mi deve ringraziare.— Non smette mai di farlo, mi sembra.— Appunto! » nauseante... Ogni volta che lo vedo il mio olfatto non può fare a meno di risentire la puzza dei drums! E dopo la puzza i ricordi... Sono mesi che cerco di lavarli via, questi ricordi.— Forse è una puzza che ti porti addosso tu stessa...— Ehi fata! Se sei venuta a presentarmi il conto, va bene! Ma niente prediche! — lo sguardo di Airon è duro e si infrange contro l’amarezza della piega della bocca di Ursula. Per un attimo riaffiora tutta l’acidità della storpia Airon.— No, niente conto... Vai per la tua strada e cerca di gioire.Airon è incredula: — Vuoi dire che mi regali questo corpo e tanti saluti? Me ne posso andare per il mondo senza debiti verso nessuno?Ursula alza la testa con un sorriso fiero: — Certo, mia cara.— Cosa mi nascondi, fata? Che succederà quando sarà scoccata la mezzanotte?Ursula si alza lentamente, sempre con un mezzo sorriso sulle labbra. Si volta e si avvicina alla porta. Prima di uscire lancia un ultimo sguardo sornione ad Airon che è in piedi in mezzo alla stanza, fasciata nell’accappatoio, non capendo ancora se le è stato fatto un regalo o un terribile scherzo."Lo capirai, gioia. Lo capirai" pensa Ursula chiudendo la porta su quello sguardo frastornato.
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Zake e Ursula guardano dalla grande vetrata della Scuola la figura di Airon inghiottita dal taxi. La donna è felice, perché sa di essersi liberata di un peso; anzi, di un duplice peso. Il progetto del cyborg è stato un successo, ed ora ha in mano un notevole potere contrattuale nei confronti delle lobby imp—com. Il secondo peso è quello dell’insuccesso di Airon. Insuccesso come donna, cioé.Airon non sa niente del mondo. Non ha idea di come può essere cattiva e infida una società basata sul profitto. Airon è una donna splendida in mezzo a milioni di donne splendide. Una nullità. Se ne renderà conto molto presto e Ursula già fin d’ora sa che la vedrà tornare; il suo profilo psicometrico prevede un ritorno nel giro di tre/quattro settimane. — Dovrò trovare una sistemazione per quella ragazza... — mormora con il viso ancora voltato al vialetto, dove il taxi si sta allontanando.— Ma se l’ha appena lasciata andare! — l’amarezza di Zake già da qualche giorno per reazione si è trasformata in iperattività, sia motoria che psichica. Tra qualche ora anche lui schizzerà via da lì. Ursula, paradossalmente, vede in lui un futuro molto più positivo. — Hai già deciso dove andare?Zake non ha nessuna incertezza: — Tra i drums! Ho lasciato parecchie cose in sospeso laggiù.— Mi preoccupa Quello che ha perso Airon... Dille che sa dove trovarmi.un poco questa decisione. Sarà facile ritornare a essere quello di prima.— Lei non ha idea di come era prima...Ursula sa che è stata fatta una terapia inconscia a Zake di rafforzamento della personalità. Non ci dovrebbero essere problemi e lui crederà che sia la sua forza di volontà a sorreggerlo nei momenti difficili. Oltre naturalmente a una serie di repulsioni psichiche disseminate nel suo inconscio contro tutti i tipi di droga conosciuti. Già che si presentava l’occasione le era sembrato il caso di sperimentare anche quelle.— Dovrai tornare per delle periodiche visite di controllo. Lo farai?— Penso di sì. Io riesco a ricordare i debiti.— Che farai laggiù?— Non so. Dipende da quello che trovo. Una cosa è certa: c’é sempre qualcosa da fare giù ai drums per qualcuno con la testa sulle spalle.Ursula scrutò Zake per un lungo istante, prima di formulare la domanda che da tempo giaceva sorniona nella sua mente: — Perché qualcuno deve provare il bisogno di rifugiarsi nei drums ?Lo sguardo di Zake si perde in ricordi che forse non ha più: — Ci sono mille ragioni perché uno finisca nei drums. Ci puoi essere scaricato; da piccolo intendo, appena nato o poco più. Ci puoi scappare da solo, perché ti sembra l’unica maniera decente per sopravvivere a questo schifoso mondo. Ti ci può rinchiudere la vita, non lasciandoti null’altra via di fuga. I drums sono il ripostiglio della società; perché mai uno dovrebbe andare in ripostiglio, se non per cercare qualcosa?— E tu, cosa cerchi?Zake raccoglie il sacco con la sua roba e si avvia sorridendo all’ascensore. Sa che quella di Ursula non era una vera domanda, ma lo stesso trova qualcosa da darle in risposta: — Quello che ha perso Airon... Dille che sa dove trovarmi.


(© 1997 by Giorgio Ginelli

Giorgio Ginelli è insegnante, giornalista, curatore di varie attività in campo economico e culturale, è specialista di medicina cinese ( opera shiatsu). Ha al suo attivo una notevole produzione letteraria in campo fantascientifico, che potete consultare in:
http://www.gginelli.info/fiction/index.htm



Chiacchierata con

Giorgio Ginelli

per il racconto

“Airon & Zake”



PREMESSA: Il tuo racconto, oltre all’aspetto letterario e a quello “morale” offre la possibilità di allargare il campo d’azione all’analisi sociologica ( e ne voglio approfittare per fare questa chiacchierata con te). Questa è una caratteristica della narrativa di science fiction che è sempre stata osservatrice analitica della società.







Noi stiamo assistendo a cambiamenti epocali delle strutture sociali nell’intero pianeta. È proprio recente un dato esemplificativo: le persone che vivono nelle città hanno superato come numero chi vive al di fuori (campagna, montagna, coste, etc...). Le rivoluzioni industriali hanno sempre comportato situazioni di urbanizzazione. Ora il concetto di megalopoli si sta affermando contemporaneamente a quello degli “slum” le gigantesche periferie dominate dalla miseria con tutti i problemi conseguenti. E’ uno degli effetti della globalizzazione che ha distrutto le economie locali per dare spazio alla manifattura produttiva di chi lavora per le multinazionali. Gli slum assumono simbolicamente soprattutto nel sud del mondo i percorsi infernali dei gironi danteschi.
Nel nord del mondo (in Italia meno a Milano ma più evidente a Roma, a Torino per esempio) si sviluppano le banlieu, grandi periferie dominate dalla precarietà soprattutto di origine immigratoria e giovanile.
Nel tuo racconto i protagonisti arrivano da queste situazioni. Come vedi tu le periferie, le banlieu, gli slum. C’è la possibilità di salvezza?

Le nostre periferie non sono le banlieu francesi. Non abbiamo un'integrazione razziale così consolidata e organizzata. Siamo più allo sbando. Le nostre periferie sono state però invase in forma più sottile, non in modo sistematico. A un certo punto uno si è accorto che in città ci sono trentacinque etnie differenti, per magari qualche migliaio di persone. Fino a ieri sentivi parlare dialetto nelle corsie del tuo supermercato, adesso trovi donne che discutono sull'etichetta dei pomodori in dialetto ukraino oppure ispanico. E non è stato un procedimento lento; è successo quasi di colpo.
Le nostre periferie non sono ai bordi delle metropoli; in una superficie di più di 300mila kmq abbiamo forse solo un paio di città degne di questo appellativo, troppo poche per creare vera aggregazione sul modello delle banlieu.
Abbiamo però una buona tradizione in altre forme di aggregazione periferica, più nostrane e caserecce, ed è a questo che pensavo quando ho scritto il racconto. Ho proiettato nel tempo (e sono andato in là, perché ci sono colonie extra-mondo, per cui coscientemente mi sono posto alla fine del XXI secolo) una forma di slum che già negli anni '70/'80 era presente in una città come Milano e l'ho chiamata drums, quasi una parola onomatopeica.
La degradazione, nel racconto, è di tipo urbano, ma si avverte poco nel sociale: prende la forma del trip di droghe, un fenomeno a cui dovremmo essere preparati fin da adesso.
A ben guardare, adesso appunto, gli slum sono invece "isole nelle città", i problemi non sono ai margini periferici ma a volte radicati dentro il cuore della città. Sono distribuiti a macchia di leopardo; basta guardare un telegiornale qualsiasi alla sera. La droga non ghettizza relegando in zone suburbane i fruitori, ma si è infiltrata in tutti gli strati sociali; non è più un fenomeno punk. Non possiamo salvarci.

Tra i grandi cambiamenti epocali a cui accennavo in precedenza risalta quello legato alla trasformazione del corpo. Un corpo che diventa tante cose: distinzione classista, manifestazione narcisistica dell’ego, spazio legato ai “segni” gruppali ( vedi mode, o gruppi che si caratterizzano con una comune identificazione visiva); rappresentazione del proprio rifiuto al sistema che arriva nei casi estremi all’automutilazione; etc...
Esiste persino un programma televisivo in cui sarti ed estetiste curano l’immagine di un/una ospite per trasformare il brutto anatroccolo in cigno. Iron cambia il corpo e cambia destinazione sociale, opportunità, aspettative. È il mito piccolo borghese ben alimentato dalla pubblicità consumistica il cui l’ultimo fine utilitaristico tu lo evidenzi bene nel ragionamento di Ursula: “... prendi un rifiuto umano, riabilitalo, reinseriscilo in una fascia sociale significativa e acquisterà uno spessore agli occhi delle lobby: questo su larga scala era una concreta possibilità commerciale per risolvere il disavanzo di importazioni...”
Sei riuscito in questo breve brano narrativo a farci vedere il senso fondamentale del classismo come meta da raggiungere attraverso il consumismo.

Non so se nella mia testa ci fosse una chiara definizione di classismo, quando ho scritto il racconto. L'idea che mi affascinava era soprattutto quella del cambiamento che si ritorce su se stesso. Una tragedia, in puro stile melodrammatico, mascherata da favola: io ti desidero, ma tu non mi consideri nemmeno, poi il destino decreta un cambiamento radicale che dovrebbe avvicinarci, ma a quel punto sono io che volo da qualche altra parte e finalmente tu soffri, ma comprendi.
Airon cambia, ma il cambiamento fisico dopotutto non è quello che lei inizialmente voleva, ma poi le piace e le prende la mano proiettandola lontano. Credo che queste pulsioni vadano al di là del classismo, esattamente come la droga non è più retaggio di classe, ma è trasversale. Ancora una volta Dick aveva visto giusto.


Mi preme questo argomento per cui continuo.
L’opportunità data ad Airon e Zake sembra, nella sua eccezionalità, l’immaginario di aspettative create da chi spera che quel biglietto della lotteria nazionale lo faccia vincere cambiandogli radicalmente il ruolo sociale. La giovane proveniente dai “drums” esclama: “...Vuoi dire che mi regali questo corpo e tanti saluti? Me ne posso andare per il mondo senza debiti verso nessuno?
Io ci vedo, nelle forme più ridotte, banali, i miti attuali, come quello delle cosiddette “veline”: senza alcun merito ottieni qualcosa come la notorietà (che nella società televisiva di spettacolarizzazione diventa “capitale d’investimento”). Ho questo senza meriti? Penso che intere generazioni stiano vivendo questa falsa aspirazione. Terrorizzante.

Qualsiasi generazione ha sofferto per le false aspirazioni. È naturale forse che i modelli di riferimento della gioventù siano sempre quelli più accattivanti e meno monotoni; nella prima metà del XX secolo credo che una buona parte delle giovani generazioni siano state abbagliate da aspirazioni che li hanno poi fatti precipitare a morire in umide trincee.
Il problema non sono le aspirazioni ad essere false, allora, ma dar loro una chiave per definire la giusta misura. Forse adesso manca questo: siamo incapaci di fornire delle chiavi di lettura precise, per cui uno prende quelle che trova. Sono giovane, ho appena finito di studiare, accendo la TV e vedo gente che per una mezza giornata di notorietà diventa milionaria. Mi guardo intorno e vedo genitori abbruttiti da lavori asfissianti e fratelli laureati che vuotano cestini della spazzatura. Se nessuno mi prepara, sfido chiunque a non aspirare al suo quarto d'ora di notorietà.
Ad Airon è stata offerta una possibilità: anche lei la coglie perché non può fare altro. Per amore di Zake avrebbe colto qualsiasi opportunità. Ma non è in grado di gestirla nel modo corretto perché non è preparata; l'amore svanisce e la volontà di potenza, prende il sopravvento.

I due protagonisti che arrivano dalla società marginale evidenziano due comportamenti decisamente differenziati. Zake dimostra che quello che dobbiamo avere sta scritto dentro di noi, nel nostro cervello, nelle nostre aspirazioni, nella nostra personalità. Con questa ricchezza si può vivere da qualsiasi parte. Sei d’accordo? O l’ambiente di provenienza (vedi le periferie del mondo) è impietosamente un “buco nero” ?

Non credo che le scelte possibili per un individuo siano così lineari: se ho elementi positivi dentro questi comunque emergono e sono un faro nella notte anche nella situazione più avversa, se invece sono "bastard inside" metto le puntine da disegno sulla sedia di Maria Teresa di Calcutta.
Uno può essere anche ricco dentro, ma per tutta la vita non riesce ad esprimerlo perché non è nel posto giusto. Nel racconto Zake è quello che si riabilita, che riesce a trovare una speranza per gestire il buco nero. Il finale è aperto, e magari anche Airon arriverà a superare la sua ansia di potenza e potranno ritrovarsi. Ma non con percorsi lineari.


La letteratura di fantascienza ha trattato in molti modi l’evoluzione del cyborg ovvero di un essere umano che presenta innesti biologici ( pensiamo alle serie televisive de “l’Uomo da Sei Milioni di Dollari e la “Donna bionica”). Anche esseri totalmente creati “ex novo” dalla bio‐ingegneria: gli androidi (vedi i “replicanti” di “Blade Runner”). La cosa che accomuna queste fiction è che gli esseri creati diventano strumenti in mano a qualcun altro, per scopi soprattutto di sfruttamento: lavorare in condizioni estreme, su pianeti inospitali, nel vuoto, per vivere nei mari e negli oceani, e così via.




La ricerca scientifica senza fini utilitaristici è poco numerosa. Il Cyborg e gli androidi sono allora i lavoratori sognati dal capitale? Al capitale i “replicanti” dickiani fanno paura o come nel tuo racconto saranno comunque controllati?

Il controllo è insito nella creazione; se creo, poi pretendo di avere un controllo su quello che ho creato. Tendiamo a farlo anche con i figli, e la cosa fino a un certo punto rappresenta una sicurezza, ma il controllo deve poi trasformarsi in qualcos'altro.
È un binomio inscindibile quello che si instaura tra creatori e creature. I replicanti di Dick fanno paura perché sono andati fuori controllo; ma anche loro stanno tornando sulla Terra perché vogliono trovare il creatore e vogliono delle risposte.
Ursula lascia andare Airon perché ha già valutato che questa tornerà asservita; questa parvenza di libertà le costa minori risorse che non costringerla a restare.

Sono passati alcuni anni da quando hai scritto questo bellissimo racconto. Se ti chiedessero di scriverne un altro ma con le stesse tematiche, faresti cambiamenti, aggiungeresti altre riflessioni, i personaggi farebbero le stesse scelte? Scrivilo mentalmente in pochi secondi. O sarebbe lo stesso?

Non scriverei lo stesso racconto, sicuramente. Sono cambiato io, ed è differente anche quello che intravedo all'orizzonte, rispetto agli anni '90. Farei di sicuro una storia che coinvolga di più l'esterno, i drums, che nel racconto sono una presenza sullo sfondo. Il racconto è nato perché volevo farne una serie basata sul personaggio di Ursula e sulla modificazione della società operata da questa sorta di "setta scientifica". Più che rifarlo mi piacerebbe fare il seguito di Airon & Zake; ambientato qualche decennio dopo, e lavorare sulla maturità dei personaggi.

Grazie Giorgio.

L'intervista è stata curata da Mario Sumiraschi


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