venerdì 26 giugno 2009

dal diario di Antonio di G.G. Widower

*
*
*



Antonio

Di Antonio, un caro amico morto ormai da alcuni anni, il ricordo mi rimane vivissimo.
Avevo conosciuto Antonio ad una festa in casa sua, festa organizzata per il compleanno della moglie Sara, una ragazza africana che lui aveva sposato.
Sara aveva invitato una mia amica e questo spiega la mia presenza alla festa.
In seguito ci eravamo rivisti spesso ed io ero diventato la persona a cui Antonio confidava i suoi pensieri, i suoi dispiaceri e le difficoltà di rapporto con la moglie.
Poi la situazione era precipitata, Antonio pensava che la moglie avesse un altro uomo, dava corpo alle ombre ed ai minimi indizi che lo confermassero nella sua convinzione.
Mi aveva fatto vedere un suo diario in cui annotava la sua storia con la moglie e tutti gli avvenimenti degli ultimi anni.
Quando la situazione arrivò a un punto critico, Antonio mi chiese di nascondere presso di me il suo diario non volendo che la moglie lo potesse trovare, cosa che feci nascondendolo così bene da dimenticarmene completamente.
Sara dopo un anno se ne andò, anche Antonio se ne è andato, suicida una notte con i gas di scarico della sua auto.
L’altro giorno riordinando i miei libri, dietro una fila di volumi che non spostavo da molto tempo, il diario è ricomparso.

Dal diario di Antonio

Particolarmente interessante è una parte del diario che parla di come arrivano in Italia gli uomini e le donne africane. Si parla tanto degli arrivi via mare, ma non è solo così.

19 aprile 2003
La sorella di Sara è arrivata a Parigi, con un volo di linea atterrato al Charles De Gaulle, lei apparentemente è diretta in Grecia con un visto temporaneo per visitare dei parenti.
Ma è un modo per poter venire in Italia.
Viene fermata dalla polizia, i suoi documenti sono falsi. Viene arrestata e messa in prigione, deve scontare una condanna di tre mesi.
Sara è molto preoccupata, ha pagato otto milioni di lire all’organizzazione, ma ormai dubita di poter far arrivare sua sorella Amina in Italia.

20 luglio 2003
Una sera tornando dal mio lavoro Sara mi dice che Amina è uscita dal carcere.
Il problema ora è come farla arrivare in Italia.
La ragazza ha un permesso temporaneo (cinque giorni) della Géndarmérie, per lasciare la Francia. Farle prendere un treno è pericoloso e poi è senza soldi.

21 luglio 2003
Decido di andarla a prendere personalmente, ma devo coinvolgere un’altra persona che mi aiuti nella guida. Non potrò fermarmi per strada né dormire in un albergo, l’unica soluzione è andare e tornare tra oggi e domani.
Un mio amico Angelo, a cui l’ho chiesto verrà con me.

Il viaggio

23 luglio 2003
Sono partito alle 4 del pomeriggio prendendo la strada che attraverso la Svizzera ci porterà a Parigi.
Il percorso è tutto autostradale da Zurigo e Berna ci porta al confine, e poi Mulhouse, Besancon, Dijon, fino a Parigi.
Verso sera ci fermiamo in un autogrill per fare il pieno e mangiare un panino.
Ho l’indicazione di una località della banlieu parigina ed un numero di telefono che dovrò contattare non appena arrivato.

A mezzanotte arriviamo ad Evry, in una piazza deserta dove c’è la stazione dei bus e un


distributore di benzina.

Telefono al numero di cellulare che mi ha dato Sara e mi risponde in francese una voce maschile, gli dò le indicazioni del posto in cui siamo ad aspettare. Parlo brevemente con la sorella di Sara.
Il tempo passa, cominciamo ad essere in ansia, poi finalmente dopo tre quarti d’ora vediamo arrivare da lontano un uomo alto con una valigia in mano ed una donna che gli arranca appresso .
Sono loro, Amina mi abbraccia stringendomi forte, quasi incollandosi a me e bagnandomi del suo sudore, poi altro abbraccio ad Angelo.
Amina saluta il monsieur che l’ha accompagnata, sale in auto dietro di noi e dopo poco si distende e dorme.
24 luglio
Io ho guidato fino a Parigi. Ora tocca al mio amico. Anch’io cerco di dormire.

Quando mi sveglio da un sonno leggero spesso interrotto, siamo quasi arrivati al tunnel del Monginevro.
Grandi cartelli con scritto: controllo documenti, mi mettono addosso il timore che, nonostante sia stato abolito dopo l’accordo di Schengen una qualche forma di controllo sia ancora in vigore.
Decidiamo di fare la strada del passo.
I tornanti sembrano non finire mai, poi arrivati all’ex confine la bandiera italiana ci informa che l’abbiamo superato.
Gli ultimi chilometri li faccio come in trance, poi Varese, urla, pianti abbracci, musica ad altissimo volume.
Io mangio e bevo con loro, poi vado a dormire.
Mi addormento di schianto.
*
*
*